Tradizionalmente il
popolo indiano è prettamente maschilista e la donna in India non è altro
che un essere inferiore che dipende prima dal padre, poi dal marito e
infine dai figli. La donna deve sposarsi ed i matrimoni sono stipulati dai
genitori. Molte famiglie per procurare alle figlie uno sposo che le rispetti (e
che si rispetti) devono sborsare, come dote, cifre superiori alle proprie
possibilità, indebitandosi per intere generazioni. Inoltre accade spesso che
suocere e mariti, insoddisfatti della dote ricevuta, si sbarazzino delle mogli,
simulando incidenti domestici, liberandosi così dal vincolo del matrimonio,
altre volte, giovani donne, esasperate dalle pressioni della famiglia, vengono
spinte al suicidio. Inoltre la donna, dal punto di vista religioso, non ha
nessuna possibilità di salvezza.
Il National
Crime Records Bureau stima
che in India, ogni 22 minuti, una donna subisce violenza. E' di qualche settimana fa
la notizia di una ragazza violentata e poi assassinata in una scuola
media statale nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh così come
quella di due sorelline prima violentate e poi impiccate su un albero
di mango. Nel frattempo, aumentano le restrizioni, dall’
abbigliamento alla libertà di movimento e cresce la preoccupazione dei
genitori per le proprie figlie, anche solo per andare a scuola.
Tra le associazioni che si occupano della triste
e penosa condizione delle donne e delle bambine indiane spicca il nome
della Fondazione Panagea che accoglie donne e bambine uscite da una vita quotidiana di violenze
che stanno tentando di ricostruire una nuova vita. I componenti della Fondazione operano principalmente in tre Paesi completamente diversi tra loro per storia, cultura,
tradizioni ma accomunati dalla stessa fragilità e dalla debolezza in cui
si trovano a nascere e vivere
le donne: Italia, India ed Afghanistan.
Credo molto in queste
associazioni...credo nel loro operato e nel desiderio di cambiare il
mondo...Sosteniamole!
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