giovedì 24 luglio 2014

Il sangue delle donne indiane

Tradizionalmente il popolo indiano è prettamente maschilista e la donna in India non è altro che un essere inferiore che dipende prima dal padre, poi dal marito e infine dai figli. La donna deve sposarsi ed i matrimoni sono stipulati dai genitori. Molte famiglie per procurare alle figlie uno sposo che le rispetti (e che si rispetti) devono sborsare, come dote, cifre superiori alle proprie possibilità, indebitandosi per intere generazioni. Inoltre accade spesso che suocere e mariti, insoddisfatti della dote ricevuta, si sbarazzino delle mogli, simulando incidenti domestici, liberandosi così dal vincolo del matrimonio, altre volte, giovani donne, esasperate dalle pressioni della famiglia, vengono spinte al suicidio. Inoltre la donna, dal punto di vista religioso, non ha nessuna possibilità di salvezza.

 Il National Crime Records Bureau stima che in India, ogni 22 minuti, una donna subisce violenza. E' di qualche settimana fa la notizia di una ragazza violentata e poi assassinata in una scuola media statale nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh così come quella di due sorelline prima violentate e poi  impiccate su un albero di mango. Nel frattempo, aumentano le restrizioni, dall’ abbigliamento alla libertà di movimento e cresce la preoccupazione dei genitori per le proprie figlie, anche solo per andare a scuola.

Tra le associazioni che si occupano della triste e penosa condizione delle donne e delle bambine indiane spicca il nome della Fondazione Panagea che accoglie donne e bambine uscite da una vita quotidiana di violenze che stanno tentando di ricostruire una nuova vita. I componenti della Fondazione operano principalmente in tre Paesi completamente diversi tra loro per storia, cultura, tradizioni ma accomunati dalla stessa fragilità e dalla debolezza in cui si trovano a nascere e vivere le donne: Italia, India ed Afghanistan.



Credo molto in queste associazioni...credo nel loro operato e nel desiderio di cambiare il mondo...Sosteniamole!





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